Una ricerca per sé e per le altre
di
Marcella Busacca

Così avrei voluto iniziare la presentazione della mostra
di Marilde e Nadia al Bertolt Brecht, ma quando mi sono trovata
nello spazio e accanto alle tre sculture ho trovato tante altre
opere sono stata affatturata e ogni opera mi lanciava un messaggio
mi chiedeva di guardarla e di parlarne insieme alle altre. Non
ho potuto fare altro che utilizzare un po' del mio scritto e quello
che mi suggerivano le cose che vedevo. Da anni Marilde e Nadia
cercano nelle loro opere di dare voce ai loro più profondi
pensieri, ai ricordi, alle emozioni, alle relazioni, alle esperienze
accumulate senza perdere mai il contatto con le altre donne, alla
ricerca di affinità e nuove forme di comunicazione in cui
esprimere la nostra soggettività femminile. Non esiste
un linguaggio universale neutro, come non esiste un sapere generale
anch'esso privo di connotati specifici, pena l'incomunicabilità,
ma tante culture e tante lingue che sono radicate nei nostri corpi
e portano fuori di noi i segni della nostra individualità,
ma anche della nostra appartenenza a un genere e della nostra
sorellanza. Ma in loro c'è anche una scommessa audace:
parlare in due nella stessa opera, far convergere in un lavoro
comune cultura ed espressività che partono da un territorio
solitario e diventano voce comune. Ma amano farci rispecchiare
anche nelle opere create da ognuna di loro perciò si separano
e ci permettono di confrontare le loro opere, più pittoriche
quelle di Nadia, più scultoree quelle di Marilde.
Si parte dal loro, dal nostro essere donne e si cerca nel passato
le radici di un sapere diverso. Dal buio della notte e dal fumo
dei roghi sono emerse le streghe, dal buio di noi stesse le bambine
cattive e le gabbie in cui possono essere rinchiuse, dal mito
e dalla cultura di un lontano passato ecco apparire sirene, madri-matrigne
e regine. La sapienza delle parole delle sirene confondono e seducono
gli uomini, il medioevo le declassa a mostri peccaminosi. Nell'allestimento
di Marilde e Nadia la sirena è una evanescente figlia della
luce, del mare e dell'aria: sulla sabbia su cui cammina non sembra
lasciare traccia, accanto a lei c'è la grande madre; la
catena che le serra la vita con la chiave appesa dà la
vita e la morte, è bene e male, come in tante culture diverse
dalla nostra dove non c'è una netta separazione tra il
positivo e il negativo e infine la regina. La donna quando è
felice si sente una sovrana della sua e delle altrui vite. Mi
piace il suo corpo luminoso, risplendente e sonoro. La materia
sembra perdere il suo senso banale e acquistarne uno simbolico,
assolutamente imprevisto e perciò più significativo.
Noi li riceviamo come doni queste opere che ci permettono di vedere
al di là della quotidianità e dentro di noi con
più serenità. Grazie Marilde e Nadia! Grazie da
Marcella
12
dicembre 2005